Categoria : Eugenio Guarini
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Insomma, la devo dire tutta. Ormai me lo chiedono in molti in privato.
Ad aprile mi è stato diagnosticato un linfoma. Ho fatto una chemioterapia, che ho sopportato abbastanza bene, finché gli effetti secondari dei farmaci hanno prodotto un dolore acuto alle gambe e un afflosciamento dei muscoli. Ho incominciato a cadere e mi hanno ricoverato in Neurologia, a Ivrea. Ora sono di nuovo a casa, dimesso perché un poco in piedi mi reggo. Ovviamente ho un’operatività piuttosto limitata.
Ma qualcosa riesco a fare. Soprattutto ho ritrovato le mie cose: i libri, il computer, la rete, i programmi di disegno. Una gamma di stimoli più ricca di quella che avevo all’ospedale.
Il dolore è sotto controllo grazie a Contramal e un altro farmaco neurologico. Ho un paio di stampelle per maggiore sicurezza.
Dentro, ho conservato un discreto buon umore. A letto, dove passo ancora la maggioranza del tempo, ho l’Ipad, il cellulare, il taccuino, alcuni libri. Quando mi alzo, riesco a raggiungere la comoda sedia davanti al computer. Con una certa attenzione riesco a cucinare (oggi ho fatto pollo e patate in umido nella pentola a pressione). La spesa me l’ha fatta mio figlio Jacopo, che vive in un alloggio qui vicino. Durante la mia assenza lui e mia figlia Chiara hanno dato una ripulita al mio alloggio e me lo hanno fatto ritrovare luminoso.
Ho pensato spesso alla mia esperienza ospedaliera. Alla gentilezza del personale. Alle amicizie stabilite con alcuni pazienti. Qualcosa di fraterno, nato nella solidarietà suggerita dalla malattia.
Anche a qualcosa che fa parte, come mi hanno spiegato, della Medicina Narrativa. Nella mia camera è stato portato un uomo di 86 anni, affetto da un ictus che lo ha semiparalizzato sul lato sinistro e bloccato in diverse funzioni. Un uomo di grande vitalità, che esprimeva nelle urla e nel lamento che durava tutta la notte. Una sera, zoppicando, mi sono avvicinato al suo letto e sono riuscito a entrare in contatto. Ho incominciato a fargli raccontare qualcosa della sua biografia: ha studiato a Valdocco, dai Salesiani, falegnameria. Durante il 25 aprile del ’45 ha tentato di lasciare Torino per raggiungere il suo paese, il treno su cui viaggiava è stato mitragliato da un aereo, e via discorrendo. Perché racconto questo? Perché è successo che, mentre raccontava, con un discorso a cascata, sembrava essersi completamente dimenticato del dolore. L’ho trovato straordinario. Il potere della narrazione autobiografica.
C’è qualcosa di cui, nella misura in cui mi sarà possibile, mi occuperò in futuro.
Per il momento voglio che i miei amici sappiano he sono sereno e ho una grande voglia di guarire.
Un abbraccio.
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