Tra gli scogli.
Il quadro: “Tra gli scogli”, acrilico su tela, cm 100×100.
Certe persone amano stare da sole. A lungo.
Non sono antisociali. Al contrario, amano il genere umano e stanno bene in compagnia – ogni tanto.
Di più: nella loro solitudine gli “altri” sono sempre presenti, “pensati”. Ma è la solitudine il luogo dove sono pienamente quello che sono. È lì che immaginano, creano e producono cibo per il mondo. È lì, soprattutto, che si sentono.
I luoghi variano. Montagna, mare, boschi, laghi… L’importante è che ci sia il modo di stare lontano dalla gente, dal traffico, dai rumori eccessivi…
Qui c’è una spiaggetta, sotto una scarpata di rocce. Tra gli scogli. Non è facile arrivarci.
Era qui che veniva a leggere.
Leggeva lentamente. Voleva vedere il film al completo mentre scorreva il nastro del testo. E voleva percepire l’ironia, o la commozione, o la sagacia nelle allusioni, nei rimandi. O lo slancio poetico. Il volo della fantasia. A volte leggeva a voce alta, dando senso, cioè mettendo anima nel testo. Coglieva le immagini originali, quelle che lo facevano sostare un istante, sorpreso, e le ripeteva. Era un godimento. Niente avrebbe potuto essere più gustoso.
Restava lì finché gli veniva fame.
Allora rientrava, immaginando ciò che avrebbe cucinato.
Vi arrivava di prima mattina. Alla prima luce del giorno gli scogli vantavano una bellezza disarmante. Lo scintillio delle rocce lo ipnotizzava. I suoi occhi non avrebbero potuto mai registrare l’estrema varietà di sfumature di colori e ne erano come scoraggiati. Fluttuava in quella danza come in trance. Ed era necessario uno scroscio d’onda più forte, più impetuoso, per riportarlo alla realtà. Non c’era il tempo. Solo il sopraggiungere della fame segnava un passaggio ad altro. Era l’appetito l’orologio indiscreto di quell’eternità.
A pensarci bene, era appetito anche l’altro, quando leggeva, o quando contemplava. Lui stesso non era che appetito.
Categorie: Eugenio Guarini