Categoria : Eugenio Guarini
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Herbert aveva una saggezza a modo suo. Io lo ascoltavo volentieri, era piacevole e faceva pensare. Un giorno, mentre continuava a piovere e il cielo non mostrava segni di pentimento, mi disse: “Il Dio fin dall’inizio aveva deciso di essere quello che gli umani avrebbero scelto. Era parte del gioco. Il Dio voleva divertirsi, in fondo. E ultimamente, voglio dire negli ultimi millenni, gli umani, per qualche loro motivo razionale o altro, avevano deciso che il Dio doveva essere non solo eterno ma immutabile, fisso, lassù nella sua infinita perfezione, a sentir risuonare in questa sua fissità l’infinita gloria della sua bellezza e maestà. Beh – disse Herbert, con un certo sorriso malizioso – Dopo un paio di millenni il Dio si era stancato. Una noia mortale a stare sempre fisso nella gloria! Lui voleva una storia, un’avventura, non il dipanarsi noioso di qualcosa che era già tutto compreso fin dall’inizio”.
Io lo ascoltavo con meraviglia e gli domandai: “Ma, Herbert, questo Dio che tu dipingi mi sembra piuttosto poco Dio, che voglio dire? Che un Dio come quello che tu dici, non è onnipotente, non ha la chiave in tasca per ogni problema, non controlla pienamente tutta la situazione, non sa in anticipo quello che avverrà, non tiene in mano i fili di tutti i burattini… Insomma è un Dio a rischio, un Dio che può fallire… E sei sicuro che noi abbiamo bisogno di un siffatto Dio?”
Herbert – lo guardavo mentre tentavo di dire il mio pensiero – era tutto un sorriso. Aveva gli occhi lucidi e un po’ ebbri come chi ha bevuto mezzo bicchiere di brandy o simile, capisci? E mi disse: “Guarda a te, ragazzino! Dopo tre giorni che sei nella gioia e nel bel tempo, già sei annoiato e trovi il modo di aggrovigliare la matassa, così almeno, un po’ di pathos, capisci?”.
Fece un silenzio lungo, durante il quale mi diede modo di cambiare. Poi disse: “Non è stare sempre nella perfezione la vera gioia, ma passare dal disagio alla felicità!” Poi aggiunse: “Non stare seduto nella meta, ma il viaggio che ti ci porta!”
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