Pensare, Essere, Fare
Per mare è il quadro che è nato oggi. Volevo fare una bambina, seduta su una barca a vela. Una bambina che va per mare… È – lo capisco – la metafora di qualcosa che riguarda la mia anima.
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Pensare, essere e fare.
Cammino per aiutare il metabolismo. Cammino per pensare.
Pensare, qui, è aprirsi al pensiero. I pensieri non li faccio io. Arrivano. Io li accolgo e li registro. Si può dire che li scelgo, che li pesco. Ma l’emozione più forte è quando loro pescano me e mi sorprendono.
Mi aspetto – ormai – che rinnovino il mio sguardo. Che mi consentano di essere ciò che posso essere, sorprendendo il mio stesso desiderio. Mi aspetto di raggiungere un luogo dove sentire di essere davvero e trovare un nuovo volto del mondo.
Si può dire che uso i pensieri per aprire varchi sia nell’orizzonte, sia nella crosta del mio stesso essere. Ho sempre l’impressione che la zona di luce in cui lo sguardo si orienta sia sempre troppo limitata.
Cammino e respiro, cammino e mi apro a pensieri. È una forma di preghiera, credo. Chiedo di essere.
A un certo punto del cammino arriva l’idea che bisognerebbe dimenticare se stessi, smetterla di insistere su questo “Io”, come facciamo sempre, soprattutto noi maschietti. E cerco di immaginare come sarebbe un mondo senza l’Io. Troppo difficile! – lo riconosco.
Mi sembra di intuire che “dimenticare se stesso” deve avere un senso- perché l’Io è un recinto troppo stretto in cui rinchiudere la vita. Ma, al contempo, mi sembra proprio irrinunciabile questo straordinario senso di essere un Io!
Forse, per andare oltre l’Io, prima, bisogna esserlo davvero!
E quando arrivo gioioso a questa conclusione, ecco che avviene un curioso rovesciamento. Come quando arrivi in fondo alla corsa dell’inspirazione e il corpo incomincia ad espirare.
Un momento prima io facevo (camminavo) per essere. Fare era un mezzo. Essere un fine. Ora, tutto si rovescia: essere è diventato – del tutto naturalmente – un mezzo: per fare!
Adesso è come se fossi venuto fin quassù perché si creassero le condizioni giuste per ritornare giù. Per scrivere, per dipingere, per esporre, per trafficare con gli umani, per navigare nel mondo…
Capisco che questo rovesciamento è fisiologico. Che sarebbe stupido che inchiodassi il mio vivere a un cartello stradale a senso unico.
La libertà assomiglia al respiro: si va in una direzione, che alla fine si rovescia nel suo opposto. Prima “fare per essere”. Poi “essere per fare”…
E capisco il legame profondo tra essere e fare. Vedo con maggiore chiarezza che “questo fare” vuol “fare quello che sono”. Mi pone un richiamo potente, una spinta. Le mie azioni dovranno esprimere ciò che sono. Dovranno tenersi alla larga da ciò che è altro, alieno, alienante…
Mi sento più libero, più fiducioso, più energico, per vivere a modo mio, fare quello che sento, farlo nel modo che è mio… perché sono io.
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Categorie: Eugenio Guarini