Quanto tempo?

Guarini Newsletter


Quanto tempo?


Credo proprio che un giorno anch’io morirò.
Sembra che morire voglia dire che questa storia si chiude.


Che peccato! – dico io – perché mi sono affezionato a svegliarmi vivo ogni mattina e a trafficare con quello che mi capita dentro e con quello che succede là fuori. Mi piace che nascano bambini e che si costruiscano città. Mi piace il riscaldamento nella mia casa, ora che arrivano i primi freddi. Mi piacciono le autostrade che mi collegano con tutti i centri d’Italia. Mi piacciono i supermercati e i negozi dove posso trovare quello di cui ho bisogno o anche solo sento il desiderio. Mi piace soprattutto trafficare con la gente, parlarci insieme, vedere la vita con gli occhi di altri. Mi piace pensare che la scena là fuori mi consente la speranza di realizzare i sogni che mi nascono dentro e che occupano la casa del mio cuore.


Beh, non elencherò tutto quello che mi piace, perché la mail diventerebbe troppo lunga per essere sopportata da persone che hanno delle cose da fare. Diciamo che mi piace la vita. Tantissimo. Che ci sono affezionato. Che non vorrei proprio che finisse… eccetera.


D’altra parte, lo so che sono arrivato sul treno che questo era già partito. E che non mi spetta di sapere cosa, come, quando e perché. Sono molto curioso su queste faccende – ho cercato di guadagnarmi da vivere, in passato, facendo il filosofo… Ma ho capito – e accettato – che su queste faccende sono irrimediabilmente ignorante.


Su quello che succede dopo la morte e sull’allettante prospettiva che la morte sia l’entrata in una vita più vera, devo confessare che so proprio niente.
La cosa più vitale che mi viene in mente, in proposito, è che se un giorno morirò – nota come lo lasci ancora in dubitativo! – beh vorrei aver vissuto intensamente questo tempo che mi è concesso.


Quanto a consapevolezza di essere vivo, bisogna che faccia un’altra confessione. Mi sembra di essere sempre in una sorta di dormiveglia, anche quando sono piuttosto vispo. Insomma, vedo e non vedo. Desidero essere presente molto di più di quello che sono. Tuttavia, mi resta sempre la speranza che il mio desiderio e il mio impegno per essere consapevole possa realizzarsi progressivamente – finché c’è tempo.


Su queste basi, cerco di vivere ogni presente il più intensamente possibile. Il tempo è tutto qui, ma contemporaneamente non basta mai.


Quand’ero ragazzino, in Toscana, il tempo aveva alcuni punti fissi, periodici, e in mezzo ad essi c’era un tempo che fluiva come voleva. D’estate, che era il tempo della vacanza, c’era il tempo di pranzo, quello di cena e il tempo di andare a dormire. Altri punti fissi non me li mettevano i miei genitori. Su questi erano rigidi, ma nei lunghi periodi tra l’uno e l’altro potevo uscire di casa e fare quello che volevo. Giravo per le strade, incontravo gli amici, si andava nei boschi, o a pesca nel rigagnolo, si giocava agli indiani, si saliva sugli alberi, si combinavano pasticci avventurosi negli orti, nei campi e nelle case diroccata dalla guerra…
Era un tempo senza orologio in cui poteva avvenire di tutto ed il tempo stesso scompariva nell’eternità del gioco.


Ora sento un po’ di nostalgia per quella stagione. Ma, successivamente, quei giochi si sono trasformati in un’avventura più intensa e impegnativa. Studiare, capire un po’ in che mondo mi trovavo, partecipare alle cose che alimentano la cultura, l’immaginazione e il senso della vita degli umani. Avere una mia storia personale, una mia vita romanzesca. Sono sempre rimasto affascinato dall’idea di romanzo.


Il romanzo è un viaggio. Si parte proponendosi qualcosa e poi si attraversano contrade mai viste e ogni volta sono incontri esperienze e nuove scoperte. E tu sei sempre lì con gli occhi spalancati dalla meraviglia.
Impari a procurarti da sopravvivere, poi a portare a casa il cibo per gli uccellini, poi a desiderare e a desiderare ancora e a darti da fare per vedere se i tuoi sogni si realizzano.


Ci s’innamora, si soffre per gli abbandoni e le separazioni, si trova la forza di reggere e di rigenerare le proprie energie. Ci si libera, ci si imprigiona, e poi ci si libera ancora. E si desidera fare in modo che la propria avventura lasci una traccia. Qualcosa che faccia del tuo viaggio nel tempo una benedizione per altri. Così da lasciare qualcosa di te nel tempo, quando di tempo non ne avrai più.


Da figlio della vita uno diventa un lavoratore della vita.


E anche il tempo cambia. Diventa sempre più importante e più intenso. E tu vorresti dilatarlo e intensificarlo. Vorresti che ogni momento, ogni questo momento, diventasse un universo ricchissimo, pieno di senso.
Senza spingere e senza aver fretta – perché andare di fretta fa perdere il dono del tempo. Il tempo, infatti, ha doni. Il tempo è la vita stessa che apre i suoi veli e mostra le sue grazie.


E chi potrebbe desiderare di morire?

Eugenio Guarini
http://www.eugenioguarini.it

Categorie: Eugenio Guarini