Il “da qui a lì” dell’espressione

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Il “da qui a lì” dell’espressione.


Jorgensen, era lui che si occupava dell’espressione. Se c’era uno che aveva il pallino dell’espressione, questo era Jorgensen. Si dimenticava per settimane di tagliarsi i capelli. E lo si vedeva girare come spiritato per il campus, assorto nei suoi pensieri. E’ fuor di dubbio, l’espressione era il suo pallino. E le cose più stimolanti le avevamo sentite da lui. Da noi, la gente era fatta così. Ognuno il suo pallino. E Jorgensen era nato con l’espressione addosso.


Ricordo la sera in cui ci tenne il suo sermone. Era dopo cena, davanti ai quadri di Evgeny. Sembrava un po’ fuori – aveva bevuto solo un fernet, dopo mangiato. Non so che cavolo di gel si fosse passato sui capelli. Gli giravano da una parte e dall’altra della testa come zucchini alla julien, saltati in padella.


Vi trascrivo, a braccio, le sue parole – ma non dimenticate di vederlo mentre parla: sta spingendo con le dita nell’aria, come contro una tastiera cosmica. Sì, credo proprio che stia suonando, a suo modo, una sorta di organo etereo che vede solo lui…


E allora, la chiamerò la teoria del sottoscala. Rende l’idea.
Mettete che voi siete al piano terra, e che state dicendo cose come:
Mioddio, mi ha lasciato, non potrò vivere senza di lei! Oppure: Che bella la libertà di fare quello che voglio, senza dover dar retta a nessuno!
Queste sono le vostre espressioni verbali.
Bene, sembrano due cose molto diverse, piuttosto diverse. Direi, contrastanti. Una è tristissima e quell’altra sembra dell’uomo più felice del mondo.


Questo al piano terra.
Ma ora scendete nel sottoscala.
Che cosa trovate?
Nel sottoscala ci sono gli stati interiori, gli umori, il metabolismo umorale, quello che si sente, prima di dirlo.Il sentito, prima di esprimerlo…
Beh, cosa trovate?


Ve lo dico io. Nei due casi, la stessa cosa. Sì, proprio la stessa cosa. Chiamiamola blitri, visto che a questo livello – nel sottoscala – non ci sono ancora espressioni. Chiamiamolo blitri, vi va? È una sorta di convenzione. Il blitri è qualcosa che non si è ancora espresso, sta sotto, sotto la scala dell’espressione. E’ quello che si sente prima di dirlo. Se mai tu riesca a fare questa distinzione. E ce la puoi fare solo con una scelta espressa e consapevole. Diventando osservatore di te stesso.


Credi a me. Il blitri è lo stesso nei due casi.
Stesso
blitri, ma due espressioni diverse. Una volta che avete espresso blitri nel senso della disperata nostalgia, avete fatto una scelta e vi siete messi in una strada che porta lontano. Con quella decisione espressiva vi siete segnato un destino. Ma se l’avete espresso come libertà di essere felice, la strada è piuttosto diversa. E porta da un’altra parte. Ne convenite?


Jorgensen, Jorgensen, che diavolo di gel ti sei messo nei capelli? Ti deve aver raggiunto la corteccia cerebrale! Dove ci vuoi portare con queste considerazioni?


Jorgensen si alzò. La sua linea era leggera, sotto la camicia di lino. Anche se la curva della pancia rivelava le salsicce e le lasagnette all’uovo, scivolate dentro con il beneplacito del dolcetto d’Alba, una mezz’ora prima. E levò le braccia a Vu, ma continuando a premere con le dita contro la sua tastiera cosmica.


Vi prego di vederlo così, mentre continua, e con gli occhietti sgranati e le palle bianche dei bulbi messe in risalto dalla luce artificiale. Insomma, metti tutto insieme, capelli alla julien e occhi sgranati, con le dita premute contro la tastiera cosmica… C’è da pensare. Ma noi eravamo così, e ognuno aveva il suo pallino. Julien era nato col pallino dell’espressione…


Vi voglio condurre a questo: la teoria del sottoscala sostiene che il blitri di due espressioni contrastanti (tristezza e felicità) è esattamente lo stesso. La scelta che ne segna il destino avviene nel passaggio all’espressione. Per così dire: nell’accesso al piano di sopra.
Dunque: perché uno sceglie di esprimersi nella tristezza e l’altro nella gioia?
Questa è la domanda interessante.


Ma io non cerco spiegazioni. Il senso della mia domanda è un altro.
Ecco la tesi: tra il blitri e l’espressione – tra il sottoscala e il piano terra – c’è una possibilità di scelta, di decisione. Da qui a lì! E’ una possibilità. Puoi non vederla, e allora ti esprimerai meccanicamente, secondo le abitudini, secondo la tua educazione… Ma se la vedi, puoi intervenire. Puoi decidere tu se esprimere il
blitri dicendo: Che casino questa storia, sono disperato e non vedo via d’uscita. Oppure, dicendo: Qui c’è l’America da scoprire e io adoro le avventure!


Jorgensen si passò, finalmente, la mano tra i capelli. Sembrava un forchettone tra gli zucchini alla julien. Spense la luce degli occhi e si mise a sedere. Fummo noi a continuare in interminabili discussioni gli spunti che Jorgensen ci aveva regalato.


Mi ricordo perfettamente di quella sera.
Io ho imparato qualcosa…
Ho capito che la decisione di esprimermi in modo gioioso dipende da me. E che da questo tipo di scelta dipende la qualità della mia vita. Non sono vittima del passato, né di alcun destino. Posso incidere sul mio destino scegliendo il modo e lo stile in cui esprimermi. Esprimersi – come diceva Jorgensen – è l’inizio di una nascita consapevole.


Notizie di rete


In settimana, incontro con Massimo Becchi per definire i dettagli della mostra al castello di Arceto, nel Parmense.


Trattative con Max del Galleria Art Cafè di Milano.


Definite con Antonella le modalità della Mostra al caffè letterario Serre Petitot, nel Parco Ducale di Parma. Per tutto il mese di ottobre. Vi saranno in quel periodo diverse presentazioni del libro “Da qui a lì” in diversi locali della città.


Giovanna D’Alonzo, di Napoli, nel giro di pochi mesi, ha lasciato il vecchio lavoro e approntato un meraviglioso B&B. Ne parleremo presto.


Altri due quadri in Svizzera, nella casa di Joe e Susi. In arrivo le fotografie.


Inizia una nuova collaborazione con Pittura e dintorni, un bellissimo sito dedicato all’arte (http://www.pitturaedintorni.it).


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In corso trattative per “esporre” i quadri su etichette, ombrelli, vetrine….. e chissaddove…


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