Desiderio di fertilità

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Desiderio di fertilità


Ce n’erano diversi ai tavoli. Giovani dai trenta ai quaranta. Parlavano con apparente concitazione. Diavolo. Non c’era da illudersi. Delle volte il linguaggio frega. Sì credo proprio che si comporti come una sorta d’analgesico. Mi sembravano anestetizzati. In qualche modo era l’effetto di un’anestesia.
Erano miei coetanei. La gente con cui lavoro, vado a prendere il caffè, delle volte ceniamo insieme. Voglio un sacco di bene a molti di loro, ho le mie amiche lì dentro. E si finisce sempre per parlare delle stesse cose. Come se non se ne potesse uscire mai. Ma sono sempre gli stessi pensieri. Gli stessi copioni.
Delle volte ho l’impressione che anche quando lamentano le loro pene non provino per niente un vero dolore. E quando dicono che sono felici, non sento nessun brivido d’esultanza. Emozioni anestetizzate. Credo proprio si tratti di una faccenda del genere.


Hanno mille idee. Ma sono fuochi di paglia. Dopo che hanno finito di raccontarle, non se ne fa niente. A volte riconoscono che non sanno cosa vogliono, e non mi sorprende, perché non vogliono niente. Non sanno neanche cosa significhi volere. Hanno dimenticato che possono volere.
Parlano delle loro storie d’amore, ma non conoscono la passione. Hanno emozioni, piuttosto effimere. Se sentono l’insorgere di una passione, se ne liberano subito, perché una passione li spaventa. In realtà non vogliono vivere. Chiamano vita una sorta di mutua della salute. La vita vera, preferiscono vederla nei film. La sindrome è così diffusa che a volte penso si tratti di un’epidemia. Ma in farmacia non esiste nessuna pillola per questo.


Devo ammettere che non sopporto più di vivere in mezzo a loro. Mi deprimono. Io voglio vivere. Mi chiamo Olga, mi piacciono i bambini. Non ho grandi studi, ma mi fido del mio senso materno. So calmare un bimbo quando piange. E non mi fa schivo cambiargli il pannolino. Ho cominciato nel mio condominio. Baby sitter e altro. La gente aveva fiducia di me. Mi hanno aiutato ad aprire un nido nel quartiere. Lo gestisco tutto io, e mi so far aiutare da amiche nel tempo libero. Mi piace giocare con i piccoli. E loro sentono il mio affetto, la mia pazienza. Le loro mamme mi sono grate, e quando vengono a prendere i ragazzini si siedono un po’ sulla panca e mi guardano con i loro figli. A volte scorgo una lacrima affiorare nei loro occhi.


Ieri notte ero a dormire da Gino. Ci scappo spesso nel suo letto. È un uomo vivo, pieno d’energia. Mi ama con passione, e sa essere buono e paziente. Mi ascolta e poi mi racconta i suoi sogni. Non ha un lavoro vero e proprio, ma è intraprendente. Mi fido di lui. Ha uno sguardo affidabile.
Ieri notte, mentre mi entrava dentro, l’ho fermato e gli ho detto: Gino, voglio un figlio da te. Ha sorriso con un’intensità dolcissima. Non ho pensato ad altro: un figlio nostro. E mi sono sentita i muscoli dell’anima attraversati da una corrente elettrica.


OCCHIO!


Sono stato avvisato da contatti di rete che è in circolazione un curioso virus che prende gli indirizzi nella rubrica e crea delle false cartoline virtuali. Io ne ho già ricevute centinaia. NON APRITELE! 


 


NOTIZIA PERSONALE


Venerdì e sabato sarò a Parma. Luciferarts.


 


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Il quadro: Desiderio di fertilità

Eugenio Guarini
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