Categoria : Eugenio Guarini
Categoria : Eugenio Guarini
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(“Le colline qua davanti”)
Mi piace al risveglio guardare le colline dalla finestra est. Mi alzo prima del sole, è nella mia natura. Ma tengo d’occhio, ogni tanto, l’evolversi della situazione. Voglio leggere i primi segnali del giorno, cogliere l’alba e il sorgere del sole. Quasi un saluto. Il riconoscimento di una reciproca appartenenza. O forse, semplicemente una preghiera.
Adesso la temperatura è mite al mattino. Posso tenere la finestra aperta ed essere raggiunto più facilmente dal canto degli uccelli, dal brontolio del torrente, che scorre a poche centinaia di metri là davanti. E anche dai piccoli insetti vagabondi che si precipitano dentro, incantati dalla luce.
E mi dico: “Ecco, un altro giorno. E io sono qui, presente e desideroso. E tutto è così bello. E durerà poco ancora. Ma questo giorno può essere infinito, pieno di bellezza, qui, per me”.
E le mie mani cominciano immediatamente a cercare uno scopo al loro movimento. E il desiderio, a disegnare itinerari per la sua sete.
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(“Eros”)
Amo il pensiero caldo, infiammato, erotico.
E quella follia che è tipica degli innamorati, pronti ad avventurarsi e a sfidare ogni ostacolo pur di raggiungere l’oggetto del desiderio. Che è sempre la Bellezza. E amo l’amore dei poveri e degli inquieti. Di quelli che sono costretti dalla disperazione a trovare vie alternative, a ignorare le regole del gioco. L’arte scaturisce da loro come acqua di sorgente, selvatica e purissima.
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(“Rocca con castello”)
Sono qui sul balcone. Ho davanti a me lo scenario delle colline moreniche del piccolo anfiteatro. Torre, Agliè, Cuceglio, Orio, Barone.
MI è sempre piaciuto guardare le cose da un punto d’osservazione più alto. Da Andrate, per esempio, che è un balcone, a circa 900 metri sul livello del mare, sull’inizio occidentale della Pianura Padana. O dal Colle del Lupo, che si affaccia sullo stesso scenario da mille e trecento metri.
Quando guardi le cose dall’alto, si crea una piacevole distanza. Avverti com’è bello e utile sollevare lo sguardo da ciò che hai sotto il naso, allargare l’orizzonte.
Con l’esperienza della malattia ho avvertito un effetto analogo, come se anche un handicap consentisse di guardare le cose dall’alto, con una distanza più favorevole, per dare dimensioni più appropriate al valore delle cose e delle esperienze che abitano il tuo contesto.
Ho capito che un handicap può dare vita realmente a un grande vantaggio.
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(Il disegno: “Arrivo all’isola”)
Noi arriveremo all’isola del tesoro. Abbiamo il vento in poppa. Passeremo attraverso gli scogli, eviteremo le tempeste o le attraverseremo con determinazione bastarda. Abbiamo il coraggio di chi ha evitato la morte più volte. E ci siamo induriti nelle difficoltà dell’infanzia.
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(“Anche questo è la mia storia”, acrilico su tela, cm 100×100)
Michele, che per alcuni anni è stato mio collega nell’insegnamento di Filosofia al Liceo Aldo Moro di Rivarolo Canavese diceva di me: “Sei una forza della natura”. Io lo andavo a trovare nella sua dacia, e saltavo il cancello a grandi bracciate, sorprendendo sua figlia e i suoi nipoti. Allora ero in grado di scavalcare qualsiasi cosa. Avevo braccia possenti, ero agile come una scimmia.
Michele era ateo e le sue scelte di vita erano state audaci e fori dalle regole. La vera regola della sua vita era la logica. Su questo noi suonavamo musiche diverse – cosa che non impediva la reciproca stima e la condivisione di pensieri e visioni. A un esame di maturità, durante il quale avevo scoperto la corruzione di un presidente di commissione, che aveva minacciato cli insegnanti di
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