Categoria : Eugenio Guarini
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Il “da qui a lì” dell’espressione.
Jorgensen, era lui che si occupava dell’espressione. Se c’era uno che aveva il pallino dell’espressione, questo era Jorgensen. Si dimenticava per settimane di tagliarsi i capelli. E lo si vedeva girare come spiritato per il campus, assorto nei suoi pensieri. E’ fuor di dubbio, l’espressione era il suo pallino. E le cose più stimolanti le avevamo sentite da lui. Da noi, la gente era fatta così. Ognuno il suo pallino. E Jorgensen era nato con l’espressione addosso.
Ricordo la sera in cui ci tenne il suo sermone. Era dopo cena, davanti ai quadri di Evgeny. Sembrava un po’ fuori – aveva bevuto solo un fernet, dopo mangiato. Non so che cavolo di gel si fosse passato sui capelli. Gli giravano da una parte e dall’altra della testa come zucchini alla julien, saltati in padella.
Vi trascrivo, a braccio, le sue parole – ma non dimenticate di vederlo mentre parla: sta spingendo con le dita nell’aria, come contro una tastiera cosmica. Sì, credo proprio che stia suonando, a suo modo, una sorta di organo etereo che vede solo lui…
E allora, la chiamerò la teoria del sottoscala. Rende l’idea.
Mettete che voi siete al piano terra, e che state dicendo cose come: Mioddio, mi ha lasciato, non potrò vivere senza di lei! Oppure: Che bella la libertà di fare quello che voglio, senza dover dar retta a nessuno!
Queste sono le vostre espressioni verbali.
Bene, sembrano due cose molto diverse, piuttosto diverse. Direi, contrastanti. Una è tristissima e quell’altra sembra dell’uomo più felice del mondo.
Questo al piano terra.
Ma ora scendete nel sottoscala.
Che cosa trovate?
Nel sottoscala ci sono gli stati interiori, gli umori, il metabolismo umorale, quello che si sente, prima di dirlo.Il sentito, prima di esprimerlo…
Beh, cosa trovate?
Ve lo dico io. Nei due casi, la stessa cosa. Sì, proprio la stessa cosa. Chiamiamola blitri, visto che a questo livello – nel sottoscala – non ci sono ancora espressioni. Chiamiamolo blitri, vi va? È una sorta di convenzione. Il blitri è qualcosa che non si è ancora espresso, sta sotto, sotto la scala dell’espressione. E’ quello che si sente prima di dirlo. Se mai tu riesca a fare questa distinzione. E ce la puoi fare solo con una scelta espressa e consapevole. Diventando osservatore di te stesso.
Credi a me. Il blitri è lo stesso nei due casi.
Stesso blitri, ma due espressioni diverse. Una volta che avete espresso blitri nel senso della disperata nostalgia, avete fatto una scelta e vi siete messi in una strada che porta lontano. Con quella decisione espressiva vi siete segnato un destino. Ma se l’avete espresso come libertà di essere felice, la strada è piuttosto diversa. E porta da un’altra parte. Ne convenite?
Jorgensen, Jorgensen, che diavolo di gel ti sei messo nei capelli? Ti deve aver raggiunto la corteccia cerebrale! Dove ci vuoi portare con queste considerazioni?
Jorgensen si alzò. La sua linea era leggera, sotto la camicia di lino. Anche se la curva della pancia rivelava le salsicce e le lasagnette all’uovo, scivolate dentro con il beneplacito del dolcetto d’Alba, una mezz’ora prima. E levò le braccia a Vu, ma continuando a premere con le dita contro la sua tastiera cosmica.
Vi prego di vederlo così, mentre continua, e con gli occhietti sgranati e le palle bianche dei bulbi messe in risalto dalla luce artificiale. Insomma, metti tutto insieme, capelli alla julien e occhi sgranati, con le dita premute contro la tastiera cosmica… C’è da pensare. Ma noi eravamo così, e ognuno aveva il suo pallino. Julien
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