Dove sei? o Come sei?

In una certa misura ho intrapreso la pittura con la speranza che mi desse informazioni su di me e sulle mie esigenze aldilà e oltre ciò che mi rivelava il pensiero razionale, la lucida consapevolezza. È vero: speravo in un qualche potere rivelatore del gesto pittorico. Era forse un atteggiamento un po’ sciamanico, ma ci stava bene.

Ricordo un episodio in cui mi pare che questo sia successo: dire qualcosa in maniera inconsapevole, il cui significato affiora solo a posteriori.

Il quadro che allego a questo testo l’ho fatto nei primi anni della mia vicenda d’artista, forse nel 1998. L’avevo prodotto un po’ con lo stesso metodo degli altri: prima macchie casuali, poi, man mano che l’immaginazione intravedeva una figura, portavo le pennellate in quella direzione, finché non ero soddisfatto.

Guardando l’opera compiuta pensavo di aver dipinto il volto di una donna, provata da qualche dolore, forse le pene di un abbandono. Mi venne di titolare il quadro “Dove sei?”, come fosse il grido di una persona abbandonata che ancora non sa reggere alla mancanza.

Qualche tempo dopo, osservando l’opera con alcuni amici, qualcuno mi fece notare un particolare di cui non mi ero ancora reso conto. Coprendo con un pannello metà del quadro, ora a sinistra ora a destra, nei uscivano due mezzi volti di sesso diverso: certamente femminile quello di sinistra e sicuramente maschile quello di destra.

Questa scoperta mise in moto una riflessione su di me che ancora non è terminata. Un tentativo di rendermi conto della mia parte femminile e di quella maschile, e del modo in cui si può stabilire sinergia (come si dice) tra queste due parti. Una riflessione che nel tempo ha modellato abbastanza la mia identità.

Categorie: Eugenio Guarini