La cura della parola

Titolo di questo quadro: Cosa vuole la passione che ho nel cuore?

Amo molto la parola.

Ero un ragazzo selvaggio nella Toscana di allora, dove noi ragazzi assomigliavamo molto al Pinocchio di Collodi, che di scuola e di regole non ne voleva proprio sapere.

Non avevo bisogno di molte parole per vivere sugli alberi e giocare a Tarzan della Giungla.

Poi però – non troppo presto – ho scoperto la parola. La lettura e la scrittura. Ma anche la parola parlata con espressione. Me ne sono innamorato. Questo amore dura ancora. Semmai è ancora più forte e appassionato.

Ho imparato a leggere in maniera che il nastro delle parole scritte su un libro, passando per il cervello, produca un film visibile nella mia testa. E mi sorprendo sempre per questa magia.

Riconosco alla parola – la mia – la capacità di mettere in chiaro, di costruire un mondo di pensieri in cui riesco a vedere e a immaginare con chiarezza. O meglio, affido alla parola questo compito. So che questo mondo di parole è “ciò che appare a me”. So di vivere e di muovermi in questo mondo “soggettivo”.

Ad ogni buon conto, non mi accontento di un mondo “puramente soggettivo”, nel senso di pura “apparenza”. Quello che desidero è che le parole mi mettano di fronte a un apparire che sia “l’apparire di ciò che è, in qualche misura, e di ciò che accade”.

Meglio: desidero che le mie parole – e il mondo che esse mettono in scena – mordano sulla realtà e le facciano partorire ciò che sogno.

Affido alla parola il compito di chiarire sempre meglio ciò che sogno “davvero” – cosa che non è affatto immediata. E voglio che la parola e il pensiero e l’immaginazione e la fantasia ispirino i miei gesti e la mia azione per mettere incinta la realtà così che partorisca figli miei.

Categorie: Eugenio Guarini