Nel vento

Il piccolo dolmen di Nusigliè. Sono finito qui per ripararmi dal vento. E dipingere. Mangiando come un selvaggio famelico e poi lasciando liberi i gesti dell’espressione.


Non parlatemi del vento, oggi.


Dal lago al Serù era tutto vento. E le nuvole correvano nel cielo come barche a vela in una regata.
Le marmotte s’infilavano nei buchi, sculettando, lungo le discese. Il camoscio fu più veloce della mia camera digitale. Solo gli stambecchi, grossi, col pelo in muta, si resero più accessibili alla mia curiosità.


Ai Chiappili di Sopra pensavo alla “cosa” che ho da fare. Dicevo, nel vento e nel sole: “ho la cosa da fare”. Volevo fare la mia “cosa”. A modo mio. Era questo che giustificava tutto. Ogni altro aspetto era marginale.


Mi sentivo ricco, nel vento, “avendo una cosa da fare”.
Capivo in che consiste la ricchezza di un uomo: avere una cosa da fare.


E riandavo a te, col pensiero. Ti ho gustato durante il viaggio. Ho assaporato il nettare delle tue labbra. Il sapore inebriante delle pieghe del corpo.


Ora era il vento. Mi portava in volo. La cosa da fare. Una cosa da fare.
Assaggerò la tua frutta correndo, di fretta. Succhierò il tuo nettare in volo, come le api. Voglio volare.


Non parlatemi di vento, oggi.
Ho le mani che scottano.

Categorie: Eugenio Guarini