Ex-pressione

Il quadro: Urlo, monocromatico acrilico su tela cm 100 x 100
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Ex–pressione


Esprimersi, originariamente, – io credo – ha a che fare con venire fuori, nascere ancora, tirare fuori da sé quello che ancora non si vede ma c’è dentro. Con spremersi.


Nella parola stessa resta impresso il marchio di una specie di sforzo, di impegno, qualcosa che equivale a uno strizzarsi per far uscire fuori. Mi dà l’idea della pressione che si fa in un tubetto di dentifricio perché venga fuori la pasta. O ancora – e meglio – mi rimanda alle spinte del parto, per espellere quel che preme dentro e farlo venire alla luce. Tirarlo fuori.


Benché noi amiamo le cose spontanee e facili, l’espressione ha a che fare con un lavoro, con uno sforzo iniziale, con una pressione che noi esercitiamo su noi stessi, con un’uscita dall’area di confort. Certamente. E con un’arte che viene sviluppata e costruita nel tempo. Che fa parte della cultura.


Ci sono parti più dolorosi e parti più gentili. Anzi, negli ultimi tempi le pratiche di sostegno al parto hanno conosciuto una creatività senza precedenti. Si partorisce in piedi, o nella posizione che si desidera. Si partorisce nell’acqua.


Comunque, il parto comporta sempre un passare attraverso una pressione su di sé, una sorta di sforzo estremo, un abbandonare la propria richiesta di comodità, un abbandonarsi alla violenza sana e rude della vita.


Esprimere è in qualche modo (anche colto e raffinato) spremere o essere spremuti.


Naturalmente esprimersi diventa, oggi, un aspetto essenziale della vita di una donna o di un uomo. Viene assunto dalla sua cura, dall’educazione, dalla crescita consapevole.


Diventa in tale senso qualcosa di estremamente significativo. Non solo qualcosa di strumentale – come forse si credeva un tempo. Non si esprime – dopo aver imparato la grammatica e la sintassi – qualcosa che era già chiaro nella mente e nei fatti. Al contrario, l’espressione è il luogo esperienziale in cui quello che viene espresso viene alla luce e nasce.


In altri termini l’espressione è il romanzo stesso della nostra vita.


Oggi questo lo abbiamo capito e accettato. Lo abbiamo deciso. Tutto dev’essere espressione di noi. Per poterci rivelare, anche a noi stessi. Per poter prendere corpo davvero. Pienamente.
L’espressione viene a coincidere con la nascita continua, con la crescita, con lo sviluppo. Con l’evoluzione.


Il lavoro noi oggi vogliamo che non sia più solo uno strumento, un mezzo. Vogliamo che sia espressione di noi stessi.


E poi tutte le forme espressive che conosciamo acquistano un significato molto più essenziale di un divertimento o dell’apprendimento di uno strumento comunicativo.
La danza, il canto, la musica, la scrittura, la pittura, il teatro, la fotografia, il film… non sono più hobby, o professioni di intrattenimento. Sono itinerari di espressione di se stessi. Sono viaggi di ricerca, pressione creativa sulla nostra pancia perché venga fuori ciò che di noi non è ancora nato, in maniera da diventarne consapevoli mentre lo diventiamo davvero.


Ed entrare in questo modo nella storia nuova, nel nostro futuro, nella terra promessa. perché c’è nell’esperienza espressiva una sorta di promessa, di buona novella. Un richiamo potente. E ci impegna più che in qualsiasi altra epoca.

Categorie: Eugenio Guarini