L’anima delle macchine

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il quadro: Una testa piena di idee.


L’anima delle macchine.


Una macchina fa proprio in quel modo. Ci dà dentro, a ritmo regolare, ottimizzando il tempo lavoro in rapporto ai risultati. Punto!
Forse un giorno scopriremo che le macchina hanno sofferto e che la loro anima è stata negata. Per moltissimi decenni abbiamo pensato alle macchine con la categoria dell’efficienza. Che vuol dire: tututum tututum tututu…regolarmente, giorno e notte. Punto!


L’uomo non è così.
E può essere che l’anima dell’uomo si sia persa nel tentativo di pensare il suo lavoro come quello di una macchina: tututum tututum tututu…
Nel tentativo massiccio di fare dell’uomo una risorsa umana (!).
Cioè un tututum tututum tututu… raffinato dalla psicologia.


*


Oh, Maria, com’eri bella questa mattina sul molo trasudato di salsedine!
Mi sono perso dietro l’ombra delle tue vesti, inseguendo dei versi che comandavano il mio respiro.


*


Tu, invece, sei preso da entusiasmo e combini l’impossibile. Poi viene la tristezza e rimani tra le lenzuola, senza il coraggio di mettere i piedi a terra.
E sogni, sogni mondi del desiderio. E ti sembra che siano loro a infilare nelle tue giornate quel frizzante scoppiettio di bollicine che consente ai tuoi polpastrelli di sentire il senso della vitalità.


E pensi che essere vivo vuol dire questo e anche altro: avere un sogno che fa del futuro un tempo per te e non solo per il calendario. Un tempo per te vuol dire vedere che quello che hai sognato da tempo e per cui hai sollecitato le tue endorfine, si profila sulla terra e diventa cosa. Punto!


E ci sei arrivato attraversando foreste e salendo e scendendo pendii. Correndo come il diavolo e arrancando bocconi per terra senza respiro.
Non pensavi all’efficienza. Pensavi al risultato. Ed eri pronto a tutto. Ma certo non ti proponevi la regolarità.


*


Avevi aperto l’ombrellino, quella sera, chissà perché?
Forse la luce della luna?
Oppure recitavi un copione che non avevo mai sentito. O sondavi il possibile con gesti inappropriati…
Certo eri bella sulla scollatura.
E avevi occhi pungenti, che foravano la notte.
Io non pensavo all’etichetta, ma all’amore.
Non sapevo che fare e feci di tutto…


*


È giusto che noi amiamo costruire macchine. E forse un giorno riusciremo a dare un’anima alle macchine. Allora saremo sorpresi da noi stessi. Piuttosto che aspirare a somigliare alle macchine, faremo loro simili a noi. E non si parlerà più di efficienza, ma di sogni, amore e risultati.

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