come pescare

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Come pescare…


Un’immagine che mi è divenuta cara a proposito sia dei pensieri con cui oriento la mia navigazione, sia degli eventi che costellano la mia avventura è proprio quella di pescare con le mani nel fiume del tempo.


Quando facevo il professore di filosofia a pensare mi strizzavo abbastanza l’intestino. Volevo pensare difficile. Ero convinto che si pensasse a quel modo. E, a forza di strizzare, partorivo anche dei pensieri pregevoli – scusate la modestia -, delle connessioni originali.
Era un po’ lo stesso modo con cui affrontavo la vita in generale. Bisognava stare in tensione, essere severi e critici, esercitare il sospetto…e conquistare gli obiettivi.


La mia vita d’artista ha conosciuto un altro modo di pensare, più rilassato. Non dico che sia saggezza. Probabilmente è soltanto vecchiaia.
Certo è che godo molto di più nel pensare.


Mi immagino che i pensieri vengano a me come i pesci che popolano la corrente del fiume. Vi sono immerso dentro e afferro quello che mi passa tra le mani.


Ho smesso di essere critico e severo nei confronti dei pensieri che vengono. Immagino che ogni pensiero abbia una sua ragione e un suo messaggio. Diciamo, il suo nutrimento.
Li assaporo più a lungo. Lascio che si distendano, che mostrino tutto quello che hanno da mostrarmi.
Perché i pensieri sono vivi e hanno una storia.
Non parlo della storia che hanno avuto nella cultura. Sto parlando della storia che raccontano raccontando se stessi.


I pensieri non si esauriscono mai in quel che dicono di primo acchito. Lasciandoli parlare, vanno avanti. Io dico che si distendono, si slargano, si dipanano, si svelano.
Seguire – direi: ascoltare – il loro racconto è piacevole e conduce in geografie mentali popolate da parentele e connessioni interminabili.


Lascio che sia la spontaneità del loro movimento a guidare il viaggio. Non impongo loro la legge della coerenza logica a priori. Sempre si rivelano molto logici, a posteriori, quando il loro racconto è terminato in un punto, in una stazione di posta.


Accolgo anche i pensieri che a prima vista sembrano brutti, negativi, persino mostruosi. Li lascio svolgersi per la loro strada finché non arrivano ad un approdo gentile.


Spesso mi fanno fare tutto un percorso emotivo, intimo. Mi fanno passare attraverso diverse figure della mia vita interiore. Operano delle trasformazioni. Durante il loro racconto provo sentimenti diversi, fluidamente collegati tra loro.
Procedo con perseveranza, animato dalla fiducia che anche questi pensieri hanno una loro verità da mostrarmi. Qualcosa che mi riguarda personalmente. Un cambiamento da operare e che si genererà semplicemente seguendoli a quel modo.


Annoto volentieri, su un grande blocco, i passaggi spontanei di questi pensieri. È il mio cestino del pescato. E possono passare delle ore prima che avverta stanchezza o noia per questa attività.


Mi rendo conto che questo è uno dei modi – tra i miei preferiti – di vivere la mia fiducia gioiosa nella vita.
Non ho critiche a cui controbattere, non ho obiezioni da affrontare. È semplicemente come raccontare ciò che passa. E lasciarsene nutrire.


È sulla base di questo stesso modello che cerco di vivere gli eventi oggettivi del tempo. Afferro quello che mi passa tra le mani. Cerco di trovare il suo nutrimento e gli do il tempo di offrirmelo. Con gentilezza.


Potrà il mio sogno procedere in avanti, verso la meta, con questo sistema?

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