La luce della luna

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La luce della luna (sulla comunicazione).


Camminava un po’ a scatti, per quella lieve distrofia muscolare di cui era affetta. “Sembri un triangolo scaleno” le diceva spesso Piero, il suo miglior amico dai tempi del Liceo. E lei si sentiva effettivamente un po’ come un verso scazzonte – per stare alla letteratura antica, che aveva adorato. Cioè, con un suo ritmo e una cadenza originale, di cui si era appropriata con fierezza.


Quella sera era vestita a festa, le spalle scoperte. L’abbronzatura faceva splendere ancora di più il sorriso. La televisione, dagli interni dello stabile, alle loro spalle, ripeteva le stesse parole, da decine di finestre.
Piero le camminava a fianco, per i viali del parco, modificando ogni tanto il passo, senza rendersene conto, per andare al ritmo di lei. Le voleva bene da sempre. Olga era speciale.


Questo Convegno sulla Comunicazione! – diceva – Senti il bisogno di dirla con la lettera maiuscola. Che strano! – diceva – Questa sete, questa fame di Comunicazione? In azienda non si produce più: si comunica. Da Palo Alto in poi non si può non comunicare. Anche se stai zitto, o se ti rintani nel tuo pensatoio, comunichi. Mi irrita e mi eccita. La Comunicazione: Panacea o condanna? Lo intitolerei così un bel convegno sul tema…


Attaccava sempre in questo modo, quando qualcosa le girava in testa. Come se andasse a cercare il bandolo della faccenda, saltando di palo in frasca, fiutando richiami nelle aree marginali del pensiero. Era il suo modo di accostarsi, senza fatica, ai grandi temi…


Si sedettero sulla panchina, in silenzio. Odoravano l’aria di fine agosto. Il brusio pregno degli alberi del parco. Lo sguardo si liquefaceva, assorbito dallo spettacolo del firmamento. La luce delle stelle era  un messaggio polifonico che proveniva, tutto insieme, da anni luce inegualmente distribuiti nella stratificazione del tempo. C’era da star zitti per sempre, a quello spettacolo.


Questo cielo – disse invece Olga – è il presente. E le sue componenti provengono da tempi diversi, milioni e miliardi di anni luce di differenza. Non ti fa fremere di stupore? Quanti passati ci sono lì, davanti a te?


Piero ascoltava, con la testa leggermente rovesciata, assorbito così intensamente dalla volta celeste da non esistere più.
Fu la voce di Olga a dirigere il suo sguardo sul laghetto, al centro del parco, che al cielo stellato faceva da specchio.
La luce della luna disegnava una sorta di strada scintillante che veniva proprio nella loro direzione, invitandoli a camminare sull’acqua.


Che la luna stia parlando proprio a noi, non c’è alcun dubbio. Vedi? Punta il suo raggio proprio su questa panchina. Che ti sta dicendo?


Prima che Piero trovasse la parola, furono distratti dalla sagoma scura di una donna, con cane, sul bordo sinistro del laghetto, proprio davanti il lampione. Anche lei guardava la luna.


Pensa – disse Olga – Quella donna vede la scia della luna andare nella sua direzione, proprio come succede a noi… Non ti fa fremere di meraviglia che la luna parli a noi e a lei, come se fossimo i soli destinatari, il centro del mondo?
Siamo forse come gli apparecchi televisivi all’interno di ognuna delle stanze di quello stabile, che ricevono la stessa trasmissione, ma ognuno come se fosse l’unico destinatario?


Gli prese un braccio, sollevando rapidamente la schiena – E, quando pensiamo, è la stessa cosa? Il filosofo Averroè sostiene che esiste un’Intelligenza Unica che trasmette i sui pensieri ai nostri intelletti, come ad apparecchiature riceventi…
E ancora, a chi parliamo quando parliamo da soli?
Ci hai mai pensato?


Verso l’esterno del prato, un giovane brillante editore, anche lui venuto per il Convegno, costeggiava la transenna che recintava il parco, un po’ più indietro. Accompagnato da quattro giovani autori che egli proteggeva, parlava forte, eccitato, ridendo come un liceale…


La Filosofia… – diceva – Grande mistero! A che serve? La Filosofia serve per trombare, sosteneva un mio vecchio maestro… Non lo so, m’è venuto in mente. Ma credete a me, ogni donna ha desideri inconfessati in fatto di sesso…


Il rombo improvviso di una moto solcò, ferendolo, il respiro del parco. Consentendo a Marisa di superare l’imbarazzo. Era uno dei giovani scrittori al seguito, una ragazza di media statura, con la frangetta tagliata in maniera impertinente. Approfittando della pausa, disse la sua:


A me piacciono le belle parole, le parole dolci e romantiche. Ecco, io credo che le belle parole sono per le donne quello che per gli uomini sono le tette…


Ci furono ovazioni per questa battuta.
Una stella cadente solcò rapida il cielo, perdendosi nella luce della luna.
E uno dei ragazzi recitò Pascoli: Io lo so perché tanto di stelle, per l’aria tranquilla, arde e cade; perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla…


Sulla panchina, Olga aveva ora reclinato il capo sulla spalla di Piero. Gli occhi chiusi. Forse dormiva. O, forse, semplicemente, ascoltava. Cosa ascoltava? Chi ascoltava?
Piero è tornato a guardare le stelle.
Esterrefatto dal pensiero della profondità dello spazio e del tempo.


Eppure, è tutto presente. È tutto qui! – pensa – E io, che ci faccio? Cosa ho da fare? Non so rispondere. Ma è bello poter guardare, e vedere, e sentire, e toccare… Se queste stelle sono messaggi per me, perché stento così tanto a capirne, a tradurne i segnali?


Poi, curiosamente, si rispose da solo, ma come fosse la voce di un altro.


Stai guardando dalla parte sbagliata – si disse – Fa’ come Olga: chiudi gli occhi e ascolta il tuo cuore.


E nello stesso istante in cui obbedì, senti, nel cielo interiore, pulsare la voce luminosa del desiderio, e non ebbe più dubbi…


Pensò: Ogni cosa trasmette. Trasmette se stessa e nutre. Nutre tutto il cerchio della vita e dell’essere. Ogni cosa ha la sua epifania. Il mondo è un mezzo fluido dove le cose si trasmettono a vicenda.
Io mi nutro di ogni messaggio. Del cielo stellato, come dei libri che leggo. Di ciò che il cuoco ha cucinato e portato in tavola. E a mia volta trasmetto quel che sono. Lo trasmetto in parole, opere, e omissioni…
Come vorrei contribuire alla vitalità del tutto!
Voglio essere più vero possibile….


Ai bordi del prato, lungo la transenna, il gruppo degli scrittori e l’editore si allontanavano. Il vento portò le loro voci come fosse un sospiro nell’orecchio.


Veramente interessante, dotto…
– …le relazioni sono troppe, però… non si può…
– …interessante il modello di…
– …La chiamano Formazione –
era la voce di Marisa – ma a me sembra Noia!


– …Il più vero possibile! – ripeté Piero – Il punto focale della cura del comunicatore non è la strategia della comunicazione ma… essere.


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Eugenio Guarini
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