Camminare nel vento
Guarini Newsletter
Camminare nel vento.
Olga Ritter aveva cominciato da una Banca.
Diventata responsabile del Personale per titoli di studio, si era resa conto immediatamente che c’era una frontiera decisiva tra formare per ottenere prestazioni migliori e formare perché le persone avessero la possibilità di realizzare se stesse.
Si rendeva conto che nel territorio vasto, variegato e in costante sviluppo della formazione stava avvenendo un terremoto culturale, una sorta di riscatto umano di grandi dimensioni. Oscillando tra la necessità di occupazione e gli slanci dell’animo, la formazione registrava delle prese di coscienza di inaudito valore. Emergeva nelle persone l’aspirazione a vivere pienamente e a sottrarsi dalla presa delle rigidità con cui le aziende interpretavano la gestione delle risorse umane.
Olga non ci pensò due volte. Si rivolse alle donne. Era convinta che le donne avrebbero potuto dare un contributo decisivo al cambiamento della geografia e della meteorologia aziendale. E si rivolse alle donne della sua azienda e alle donne che brulicavano nelle organizzazioni imprenditoriali e alle donne della formazione, a quelle che stazionavano negli uffici pubblici, a quelle che gestivano siti internet orientati verso al cultura aziendale e il cambiamento, alle donne che si impegnavano nei club di ogni tipo, non trascurò le suore cattoliche e le donne delle chiese evangeliche, bussò anche alle associazioni dei medici, alle catene di beauty farm e di fitness…
E non andò a fare promesse su cosa avrebbe potuto fare per loro, ma a chiedere di impegnarsi a fare qualcosa per il cambiamento della situazione, della cultura aziendale e del lavoro.
Aveva le sue idee, la sua ipotesi di lavoro.
Quella sera, a Pontremoli, ne stava parlando alle giovani convenute.
Dio, che freddo che faceva quella sera! Si stava tutti ammucchiati nella sala grande dell’Hotel Stampatori, dov’era stato acceso il caminetto.
Abbiamo tutte una giornata di ventiquattr’ore – stava dicendo – E siamo prese fino al collo da mille incombenze. Alcune di noi hanno bambini e un marito, e la casa da gestire. E poi il lavoro, il mutuo, le relazioni di condominio… E’ una questione di energia. Ne dobbiamo tirare fuori tanta. Ma proprio tanta.
Ma la vita è questa. Una vita piena è fatta di molte cose e anche di un certo casino. Non ci dispiace essere sempre attive, occuparci di molte cose, non avere tempo per la noia.
Molte sono riuscite a ricavarsi una stanza tutta per loro e del tempo per la cura di sé. Senza questi momenti di intenso rapporto con la sorgente sarebbe difficile far fronte ai compiti che ci siamo assunte.
Ma non è la pace dell’animo la nostra massima aspirazione. Noi vogliamo contribuire alla vita e farlo con intelligenza. Bisogna individuare obiettivi precisi e di chiaro valore. Assumerci la responsabilità di un cambiamento.
Le ragazze la guardavano curiose. Aveva una grande energia addosso e i suoi modi erano diretti e senza fronzoli. Parlava una lingua che tutte afferravano perfettamente.
Sto parlando della cultura del lavoro, della cultura di fabbrica. Non è neanche il caso di fare la lista delle lamentele. Non sono qui per consolarvi. Sono qui per dire: muoviamoci! Noi donne siamo avanti. Noi sappiamo qualcosa in più sulla qualità della vita. Possiamo saperlo.
I modelli di organizzazione aziendale derivano dalla costruzione delle piramidi mediante il lavoro organizzato degli schiavi, o dall’esercito prussiano dove i soldati erano organizzati in funzione dell’efficienza della macchina bellica. C’è un senso in tutto questo. È una risposta alla necessità di mettere insieme una compagine umana capace di ottenere risultati che nessun singolo potrebbe mai raggiungere da solo. Senza questa organizzazione di