Le parole vogliono
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Le parole “vogliono”.
Evker credo venisse dalla Finlandia…
Non so quali studi avesse fatto in Italia. Certo, parlava splendidamente la lingua. E sembrava particolarmente portata per il giornalismo. L’incarico le veniva da Vogue – Inchieste sotto riserva, si chiamava la rubrica. Destinate alle settimane in cui nulla di rilevante fosse successo. Una sorta di riempitivo schiumogeno a bolle stemperate. Tipo: prendi tempo in attesa di meglio. Ma lei ne aveva fatto il suo cavallo di battaglia. Aspirava al Pulitzer.
– Non ci posso credere! – diceva, mentre scribacchiava rapida sul suo notes.
– Certo, mi sto preparando da anni alla Quarta Età. Ho deciso di organizzarmi la vita in modo da scrivere, dipingere e suonare. Fino a centocinquanta… Dopo, non riesco ancora a prevedere…
Poi, bruscamente, ruppe il filo del discorso.
– Parliamo del Desiderio nell’arte.
– La sessualità, la libido, il desiderio, la pulsione – comunque vogliamo chiamarla… è un’energia primaria. Arriva da sé. Fa parte della vitalità naturale di cui siamo dotati. Sulla sua capacità di muovere non ci sono dubbi. È come respirare, o aver fame. Si fa sentire con la stessa potenza.
– Questo già lo sappiamo. Passiamo all’atto secondo…
– L’atto secondo è quello che tu ne fai e dove ti porta.
– Dove ti ha portato?
– A muovere le mani, ad esplorare il mondo, a intraprendere. Il Desiderio conduce per una strada di scoperta e d’avventura. Scoperta di dimensioni della vita e scoperta di te stesso. Ci sono tante belle doti da coltivare e sviluppare. E ognuna di esse è feconda. Si fanno cose, si mettono al mondo oggetti, azioni. Si coltivano campi. Si comunica. Si imbastiscono progetti. Ci si proietta oltre.
Mi guarda negli occhi, ancora insoddisfatta.
– Mi son messo a pensare filosoficamente. La ricerca di frammenti di verità. Ho fatto scuola con questo. Sono entrato a contatto con centinaia di giovani. Ho assimilato il loro modo di sentire. Abbiamo allestito un teatro della comunicazione e del senso. Abbiamo messo in scena drammi, tragedie e anche spettacoli comici.
Ma lei vuole andare da qualche altra parte…
– Poi sono andato fuori. Come si esce de casa per cercare altri spazi.
In fondo, c’è anche una logica pertinente che conduce a questi esiti. Nella scuola si parla della vita. Per lo più si parla di ciò che altri hanno detto sulla vita. Finché ti viene voglia di viverla in prima persona. Di avere la tua vita e di dirla a modo tuo.
E allora ti rendi conto che hai solo imparato un dizionario. E ora hai tante parole addosso. È il momento di confezionare delle frasi tue, pensieri tuoi. Diventi osservatore diretto. In prima persona.
Gli occhi di Evker…
– E che ci sono altri modi di esprimere. Ce li hai addosso da sempre e non hai mai consentito loro di uscire allo scoperto. Perché? Semplicemente perché facevi un certo lavoro. Io facevo il professore di filosofia e dunque, che c’entrava la pittura? Questo è spesso il semplice motivo per cui uno ignora anche per lungo tempo altre sue qualità: non servono nel lavoro che stai facendo.
Ma nel momento in cui decidi di vivere – non solo di lavorare – te le puoi ritrovare addosso.
– Vivere? – chiede Evker con curiosità
– Lo so, non è chiaro. In un certo senso, viviamo sempre, qualunque cosa facciamo e qualunque cosa sentiamo. Ci siamo. Siamo al mondo. Finché non succede qualcosa che decreta la fine.
Ma bisogna prendere posizione per le parole