Dentro, qualcosa di solido
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Dentro, qualcosa di solido
Per me, avere un sogno significa che voglio diventare un pittore di grande qualità, apprezzato e richiesto. Insomma, capace di comunicare cose forti e vere, nel tratto della bellezza. E significa anche essere un pensatore acuto e intelligente, capace di stimolare la freschezza della mente e delle energie di giovani che stanno tracciando la loro strada nel mondo. E significa riuscire a campare di questo, e trovare le risorse, strada facendo, per portare a termine quest’avventura.
La mia vita non è mai stata ricca di quattrini. Certo è stata finora piuttosto interessante. Ho sempre seguito il desiderio del cuore. Ho una montagna di errori dietro le spalle. Ma non in grado di oscurare la voglia che ho di realizzare il mio sogno. Non in grado di mettere in ombra le realizzazioni che ho scritto nel libro della vita.
Dipingere e scrivere (cioè, pensare) sono come due aspetti della mia anima. Entrambi essenziali. Senza alcuna contraddizione tra loro. Sono intuitivo e manuale e, nello stesso tempo, sono un filosofo – se si chiama così quello che si fa gli interrogativi di fondo sul senso della vita.
Mi commuoverei fino alle lacrime a parlarne. Non lo voglio fare, ora.
Ho vissuto quest’esperienza, dal 97, con audacia e consapevolezza. Ho sempre cercato di osare, aprire vie impensabili per ciò che sembrava impossibile. E mi sono sempre chiesto che cosa stava avvenendo. Ho cercato di dargli un volto a parole. Una sorta di espressione chiara a livello di concetto.
È questo che mi ha messo in contatto con tante persone, con tanti giovani, con tante donne. Il tentativo di dare un’espressione chiara ed efficace a quello che stavo vivendo.
Ho capito che, malgrado la mia carta d’identità, io sono un uomo del mio tempo, in sintonia con uomini e donne giovani e intraprendenti. E so che raccontando di me, io offro qualcosa a chi incontro.
Quando faccio delle considerazioni, di solito sono considerazioni che riguardano me, la mia esperienza e il mio tentativo. E mi accorgo che diventano immediatamente considerazioni che vanno al di là della mia piccola storia.
Mi piace questa magia. Non so spiegarla. Vi alludo con delle immagini che evocano speranza per me e per altri.
“Da qui a lì” non è soltanto il titolo del mio libro. Ma la cifra che identifica il cuore stesso della mia ricerca. Piccoli decisivi passaggi, piccoli decisivi atti di coraggio. Piccoli, ma che portano in altre dimensioni dell’essere. Che aiutano a percorrere il mistero del tempo come una serie di tappe che conducono oltre.
Ho condiviso con la gente del mio tempo questi passaggi.
Quando ho cominciato si trattava di credere, di ricostruire l’ecologia della mente. Allora l’attenzione e l’impegno erano rivolti alla propria anima, al proprio cuore. Si trattava di uscire dal mare della melanconia, talvolta dal pelago della depressione. Si trattava di ritrovare fiducia ed energia.
So di aver condiviso questo “Da qui a lì” con una quantità enorme di persone della mia società, del mio mondo. Ho esplorato, come fanno tanti, messaggi, proposte, suggestioni. Ho fatto le mie scelte, personalizzandole. Non ho aderito a nessuna chiesa, a nessuna scuola, a nessuna setta. Ma ho tratto insegnamenti e stimoli da tantissime fonti. Ho anche visto e compreso la somiglianza sotterranea dei messaggi nei diversi linguaggi in cui venivano esposti. Me ne sono nutrito. Credo di essere riuscito nell’intento.
Ora sento che le cose cambiano. Che devono cambiare.
È come quando uno è malato. Prima deve pensare a sé. Deve investire le sue energie per ricostruirsi, ricrearsi, rafforzarsi. È