Inventiamolo daccapo
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Inventiamolo daccapo
Io, la peperonata, la preparo così, con le patate, ci metto anche la cipolla. E tanto peperoncino, da sudarci dentro.
Anch’io, dice Anny, che è venuta a cena da me, questa sera. Ma le carote non ce le metto.
Anny si sta forse innamorando di nuovo. Non ci crede ancora, ma sente il cuore che batte. E ha desiderio di condividere questa cosa con me. Che bellezza! Mi racconta di lui. Quello che ha capito e quello che ha desiderato capire. Si muove guardinga, perché oggi, lo sai, non siamo tanto innocenti in materia.
E io mi dicevo: guarda cosa sono diventato! Le mie amiche donne sentono desiderio di condividere con me le loro storie. E pensare che non molti anni fa ero totalmente da un’altra parte. Mi dico: che bello che sei capace di amicizia nei confronti delle donne.
E mi dicevo anche: quell’amore lì, quello tra uomo e donna, inventiamolo di nuovo. Giochiamo di creatività. Perché il mondo è diverso, gli uomini e le donne sono cambiati, e quelle cose che abbiamo in testa sono l’ombra lunga del passato. Bisogna uscirne. Non solo. Bisogna inventare nuove strade all’amore.
È quasi sempre la stessa storia. Da ogni parte.
Si tratta di inventare. Lo possiamo fare. Ma dobbiamo imparare a farlo.
Quindi, basta analisi! Che sono sempre uguali. Via all’invenzione.
E per inventare bisogna aver voglia di giocare. Sentire la vita come un’avventura. Avere energia fresca addosso, nel corpo.
Stare bene da soli, amare il silenzio e la solitudine come luoghi creativi. Almeno, credo.
Abbiamo visto un film noleggiato. Una scemata. Ma abbiamo riso, bevendo zibibbo. E io pensavo: chissà che vuol dire il regista in questa scemata? E pensavo anche: è un paio di mesi che le cose della mia impresa vanno a gonfie vele. Ho venduto quindici quadri in questi due mesi. Cazzo! Ho risistemato la mia postazione di lavoro, voglio dire computer, sito, e tutto il resto. Ho ripreso in mano l’organizzazione del fronte espositivo. E dico: è quello che sognavo. Bene. È quello che sognavo.
Ma è tutto qui quello che sognavo e che sogno?
Massimo, nei giorni passati, in Val Fiemme, ha messo in piedi una bella giornata di formazione con i suoi colleghi. Me ne ha dato notizie e l’ho seguita con una certa trepidazione. Voleva formare una squadra di lavoro. E tutto in lui spingeva le cose alla conclusione: c’è qualcosa che conta di più che vincere.
E io mi dico: c’è qualcosa che conta di più che vendere quadri.
E quando mi rigiro in queste domande, che mi abitano. Mi prende come una vertigine. In cui mi sento come un bicchiere pieno che trabocca.
E mi dico: questo viaggio, dio quanto è bello. E la bellezza sta proprio in questo essere pieno ma traboccare. Il che vuol dire desiderare una capacità maggiore.
Perché la felicità è non riuscire mai a star seduti nell’abbondanza che ti abita.
Anny se n’è andata. È ormai quasi l’ora della nanna, per me. Sono stanco, sì. Sono stanco. Mi sento così pieno. La vita mi ha visitato anche oggi, e traboccava. Sai? Quel senso di smarrimento, perché non riesci a star seduto in pace in tutta l’abbondanza che c’è?
Belle notizie.
Monica Cremaschi mi chiede di segnalare una mostra qui, a Pavone d’Ivrea.
Prende avvio domani, domenica 11 dicembre 2005 e durerà fino al 31 gennaio 2006 . è allestita presso la Fondazione Alfredo D’Andrade Museo –Centro Studi, Via Giuseppe Quilico,5 Pavone