Il bosco. Il tuo lavoro nasce dal corpo.
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Il tuo lavoro nasce dal corpo.
Qui nella foto sono con la mia nipotina Luce. Gioco a fare il filosofo boschivo e lei sta al gioco. Come solo i bambini sanno fare.
Sto tanto tempo nel bosco – è vero. Gli amici mi dicono: ma che fai? Ti sei perso nel bosco? E io rido, perché non mi sono perso. Piuttosto mi sono ritrovato.
Io non sto nel bosco. Io lavoro nel bosco. Mi prendo cura della terra, degli alberi e delle pietre. Costruisco nel bosco. E penso, mentre il corpo s’irrobustisce e il sudore scende dai capelli e gli insetti s’infilano nelle orecchie.
Penso alle cose di sempre: è possibile vivere facendo quello che ami? in altri termini, creare il lavoro che ami? Penso alle cose di sempre: è possibile amare davvero?
Sono sei mesi che traffico con il bosco. Ho qui addosso un sacco di risposte. Sono le parole del bosco. Risposte nate nel bosco quasi come vi crescono i nasturzi e le zucchine che vi ho seminato.
C’è molto di più nella vita. Molto di più di quanto avevi immaginato. E questo ti sorprende quando non hai ancora le parole per dirlo.
Viva i poeti che mettono vestiti nuovi alle cose che incontrano nell’esperienza!
Allora so che devo trovare questi vestiti. Le parole per dire i pensieri del bosco. Che voglia di essere poeta!
No, amica mia, non voglio essere un guru. Perché non sono un guru. Io sono un viaggiatore dell’essere e racconto – la sera, dopo mangiato – le avventure del giorno. Non mi chiedere d’insegnare niente a nessuno. Non è questa la mia vocazione. La mia vocazione è esplorare l’essere – la vita – e raccontare il viaggio.
Allora, se mi vuoi ascoltare, senti questa.
All’inizio – di questi lavori nel bosco – io sentivo, come da tempo non sentivo (credo dall’infanzia) la forza vitale che si espandeva dentro il mio corpo. Quella sensazione meravigliosa che ti fa dire: sto bene, ho tanta energia, che bello essere vivo, una gran voglia di fare…
Era una fiducia estrema, fondamentale. Io sono vivo, sto bene, sento la vita sotto forma di energia fisica, forza, attività, mi ricarico lavorando. Cazzo!
Io mi dicevo: vivere è questo.
Quanti decenni senza questa sensazione. Mi venivano in mente i decenni di studio, tanta stitichezza, tutto nella testa. Un bel periodo, perché le idee sono gran cosa. Ma, separate dalla forza vitale, dal potere della salute del corpo.
All’inizio io sentivo questo e, nei discorsi, e anche nelle newsletter, andavo parlando dell’andare di corpo.
E’ curioso, ma tanti mi hanno risposto, hanno replicato. Sottolineando che – malgrado la grossolanità dei temi – si trattava di una faccenda seria. Che insomma, se il tuo lavoro non ti permette di andare di corpo come si dovrebbe, quello non è il tuo lavoro!
Ero preso da queste considerazioni marginali. Giuste, ma marginali.
Un po’ per volta emergeva – sempre nel bosco – la domanda: ma come si fa a creare un lavoro in cui tu senta che sei vivo, che danzi la vita e che dai il tuo contributo al mondo?
Questi sei mesi nel bosco – a trafficare con rovi, piante, foglie secche, ciottoli di fiume e sabbia – mi hanno fatto capire chiaro e tondo che il tuo lavoro deve nascere da qui: da un allineamento chiaro, sicuro, con questo star bene con la terra.
Qui l’ecologia non è un concetto etico. Come sono pallidi i concetti etici!
Qui l’ecologia è essere a contatto con le forze potenti e primitive della terra. Non tanto un