Categoria : Eugenio Guarini
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Lettere da Nosolandia 13
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La gioia è diventata una scelta coraggiosa. E si tratta di una terapia sempre più necessaria di fronte a un certo inquinamento culturale che ha inibito in molti questa capacità infantile. In un certo senso, la gioia è già lì e basta aprire le porte e le finestre. Ma questo gesto, apparentemente semplice, è diventato oltremodo difficile nel nostro mondo, che pure offre opportunità di operosità efficace e felice più di qualsiasi altra epoca della storia. La gioia è stata inibita dalle cattive notizie. E dalla mancanza di testardaggine nella cura di sé. Molte persone devono affrontare un faticoso percorso per riconquistare la capacità di gioire e di vedere la vita come una grande meravigliosa avventura. Il mio percorso è stato travagliato. Della necessità di tale riconquista ho fatto però uno scopo della mia vita d’artista, con la speranza di irradiarla nel mio piccolo. E ho scoperto che, nascoste nei ripostigli segreti del nostro essere, ci sono grandi risorse per questo.
Queste risorse non sono venute meno nel momento della malattia. Le ho ritrovate dentro di me, ma mano che dovevo fare i conti con le limitazioni e i restringimenti del campo operativo. Sono pronto ad ammettere che esiste una malattia anche più pericolosa della mia, che consiste nell’aver lasciato impregnare la propria esistenza di grigio, di cinismo, di vuoto di senso, di sfiducia, di passività. E di quella malattia non voglio soffrire. Sono pronto a una prevenzione accurata e perseverante. Testarda.
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I doni della malattia.
La mia vita d’artista ha dovuto attraversare dei periodi difficili, e sopportare un certo livello di povertà (come si può essere poveri in un paese come il nostro pur avendo un tetto sopra la testa) per un lungo periodo. E a posteriori mi sento di riconoscere che devo molto a quel periodo, per aver scoperto dentro di me una forza di volontà e una testardaggine nel perseguire il mio sogno che non avrei conosciuto se la vita fosse stata rose e fiori. È per questo che sono in sintonia con l’amica Elisabetta che ha scritto un libro di elogio al fallimento.
Ora, in questo periodo di malattia, dove ho sperimentato il peso della chemioterapia e le limitazioni più gravi imposte alle mie gambe dagli effetti collaterali di quei farmaci, mi viene spontanea una considerazione analoga. Succede, infatti, in queste situazioni che si abbandonino tutti i fronzoli e ci si concentri su ciò che è davvero essenziale.
Ma da questa malattia ho ricevuto, in maniera più intensa di quanto sia mai avvenuto prima, un altro dono che reputo molto importante: quello di entrare più facilmente nei panni di tanti altri malati. Di riuscire a immaginare e a sentire dentro di me quello che loro provano, o hanno provato, nel loro corpo e nel loro animo.
Lo ritengo un dono assolutamente vitale. Non è, infatti, scontato che le persone impegnate appassionatamente nel perseguire i propri sogni e i propri obiettivi si concedano il privilegio di entrare nei panni di chi soffre per le più diverse ragioni. Sovente queste persone, che passano da un successo a un altro successo, si trovano a condividere un’opinione piuttosto disdicevole, secondo la quale “se stai male è colpa tua”.
Forse in passato anch’io ho condiviso questo atteggiamento almeno in parte. Dopo la malattia e il rapporto che si è stabilito con i nuovi amici malati, non credo mi sarà più possibile scegliere di non sentire il dolore degli altri e di non provare un moto di empatia e solidarietà.
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Pulizia e rinascita.
Oggi mia figlia Chiara mi ha ricreato la casa pulita. È piacevole
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