Categoria : Eugenio Guarini
Categoria : Eugenio Guarini
Da dietro una gialla ginestra assai esplicitamente ingorda di bella stagione, guardo l’incantevole cima innevata della Quinzeina. Mi ci sono affezionato a questo scenario. È da settimane che cammino lungo la geografia del Canavese.
Sto salendo da Spineto in direzione Sant’Anna ai Boschi. Ho lasciato la macchina in una località mai sentita prima, una frazione di case chiamata Chiria. E procedo lento, lasciando che l’aria mi nutra.
La prima sorpresa mi viene da un latrato corale, assolutamente insospettato, che mi raggiunge a una svolta di strada. Frugo con gli occhi attraverso la siepe e scorgo decine di grosse gabbie, ai piedi di una villa di fattura moderna. Un canile a mezza collina! Più tardi, da Internet, verrò a sapere che è un canile benemerito, gestito dalla famiglia Mussatto.
Procedo, in salita, perplesso e stupito. E raggiungo il brusio di una fabbrica. Alcune automobili nel cortile. Penso che in fondo è quello che ho sempre sognato: fabbriche in posti panoramici, in mezzo alla natura. Ma il pensiero non è troppo convinto…
Subito oltre, sono attratto da un cartello di legno, a forma di freccia, dipinto a mano. In controluce rispetto a un sole giallo, cerchiata di rosso, la silhouette di due bambini che procedono affiancati. Vi si legge “Comunità Cenacolo”. E indica una strada sterrata che si allontana sulla destra. Prima che ci possa ripensare le mie gambe hanno deciso la direzione di marcia.
Un grosso crocefisso di legno buono, di fattura recente, artigiana, sovrasta un’aiuola in compagnia di altre immagini sacre sempre in legno. Tutto è così pulito e nitido da sorprendere perché non si tratta di un santuario, o di una cappella. Guardandomi attorno suppongo di essere entrato in un’azienda agricola di maniaci dell’ordine, o un monastero benedettino in incognito. Sulla destra il terreno digrada in orti, arati con precisione geometrica e ben suddivisi. Una serra più a valle, vicino alla quale alcuni giovani stanno trafficando con delle piantine. Una graziosa stradina a gradoni di terra battuta, perfettamente incorniciati da tronchetti di legno, conduce fino a uno stagno e a una fontana dall’acqua limpida. Gli edifici sono diversi. Prima una grossa casa rossa, segnata dal tempo, ma pulita e ordinata come una vecchia maestra in pensione. Sulle sue porte ci sono delle insegne il legno che recitano “Dispensa”, “Formaggeria”… Sull’aia alcune macchine agricole. Poi un lungo edificio moderno bianco calce, con infissi di legno. E più in là altri edifici più bassi che ora solo intravedo.
Un giovane dal volto sorridente e pieno di salute mi viene incontro. Si presenta come Adrien, polacco. È lui destinato oggi all’accoglienza e mi guiderà nella visita, dopo avermi informato che sono entrato nella Comunità Cenacolo fondata da Suor Elvira, di cui, ovviamente, so niente ma sulla quale m’informerò una volta raggiunto a casa il mio computer. Una storia esemplare di questa suora che ha quasi la mia età! Per il momento cerco di sapere qualcosa del giovane che mi ha accolto.
Adrien era un drogato. Si faceva di anfetamine fin dall’età di quindici anni. Un po’ per curiosità – mi dice – un po’ per non essere a meno degli altri. Sono stato per sette anni sotto questa dipendenza. E ho toccato il fondo. La mia è una buona famiglia. Avevano un’azienda agricola. Il lavoro era ben ripartito. Io sono il mediano di tre figli. Mi occupavo della coltura degli champignon. Niente! Mi sono ritrovato al fondo della scala. E ho sentito il bisogno di uscirne.
Adrien aggiunge che questa comunità è stata fondata venticinque anni fa da una suora, una donna di grande
L | M | M | G | V | S | D |
---|---|---|---|---|---|---|
1 | 2 | |||||
3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 |
10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 | 16 |
17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22 | 23 |
24 | 25 | 26 | 27 | 28 |