Notte. Dalla finestra guardava il porticciolo, le barche dei pescatori, le luci dell’abitato. La montagna, scura, massiccia, addormentata. E la luna, che si nascondeva dietro una nuvola. Il punto era che non aveva mai provato una passione così ardente per la vita come ora che le sue gambe erano diventate così deboli e il respiro gli veniva meno così facilmente al minimo sforzo. Il sogno che portava nel petto si era ingigantito, era diventato impetuoso fino allo stordimento, all’esaltazione, alla visionarietà, approfittando, forse, della debolezza del corpo. Aveva cominciato a vivere con persone invisibili, era entrato nel mondo delle cose che accadono soltanto nei libri. In quel mondo trovava un certo qual appagamento alla sua sete inesauribile. E si rese conto che si aspettava di incontrare nella vita reale ciò che aveva imparato ad amare nei libri. Trasse un lungo sospiro e immaginò di riprendere il mare. Sì, le forze sarebbero ritornate, il suo corpo avrebbe ricreato l’energia necessaria. Le luci dell’abitato lo invitavano a uscire, lo sciabordio delle barche sembrava aver compreso a fondo. Un sorriso gli si dipinse in volto.
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