Stamani, al risveglio, mi sono trovato addosso un pensiero che mi ha inquietato. Il pensiero diceva che tutti, là fuori, si danno da fare per produrre cose e servizi che sono di una qualche utilità per il prossimo. Ho visto nella mente l’operosità umana dall’alto, come un formicaio operoso in cui ognuno si muove incessantemente dietro i propri compiti. E il pensiero mi poneva questa domanda: ma che senso ha che tu passi le giornate a colorare dei pezzi di tela? A chi serve tutto questo?
Poi mi è caduto sotto gli occhi il breve post di Gianfranco Damico, ristoratore/filosofo meravigliato/sociologo della relazione – come si definisce lui stesso: “Ovunque ci sia bellezza – scrive – ovunque, là io mi fermo a prendere un sorso. E poi riparto”.
E mi è sembrato di capire che quello che faccio, benché molto marginale rispetto a cose molto più utili, ha un suo senso, una sua “utilità”. Confeziono “sorsi di bellezza” per la gente che traffica nel mondo.
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