Categoria : Eugenio Guarini
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Talenti per cosa?
Dai, Bruna, che si va avanti!
Bruna lavora per l’orientamento – lo chiamano così. Immagino che voglia dire: da che parte vado? Dov’è il Nord, dov’è il Sud. Da che parte mi dirigo?
Molti hanno un forte senso d’orientamento. Se si muovono in un bosco, o su una montagna, la loro testa tiene a mente da che parte sono venuti, da che parte bisogna andare per ritornare. In un bosco si va e si torna. Si va per conoscere e si torna per riposare.
Altri si muovono a casaccio. E non sanno mai dove sono. Però si aspettano di incontrare qualche luogo. Qualcosa che gli dica: sei arrivato qua e devi andare da quella parte.
Quelli che sanno fare la mappa sono pochi. Ce ne sono. Hanno una dote speciale. Noi siamo qui. Da quella parte c’è l’abisso. Da quell’atra, forse, le miniere d’oro.
Orientarsi è avere in testa l’idea che si deve andare da qualche parte. Che c’è qualcosa da fare, o qualcosa che chiama. E sapere dove si è e cosa c’è di là e di qua.
Io dico: chiamalo sonno. Perché non vedi mai con la chiarezza della veglia quello che stai facendo. Non lo vedi mai a tutto tondo. A volte pensi di essere portato dagli eventi. Altre volte pensi che stai decidendo il tuo sentiero in un territorio di cui non conosci la mappa. In questi casi, ti fermi la sera. A bivaccare. Non solo per riposare. Ma ti chiedi: dove sto andando? Dove voglio andare? E allora ti guardi dentro. Ti ricordi di quando, da bambino, sognavi di cavalcare stalloni selvaggi o di battere il drago. Ti ricordi che volevi scoprire la miniera d’oro e che volevi costruire il tuo regno sopra la punta di una montagna. E c’era anche la regina. La principessa che trarrai in sposa.
Ti ricordi di questo e ti chiedi: da che parte si va?
Bruna è fantastica nel modo di lavorare. Bruna si occupa d’orientamento. Qui, nella foto, lavoriamo insieme e lei ha in mano il collage. Con Bruna si lavora bene. Nessun pregiudizio. Tu cerchi i pensieri e li segui, se vengono.
Adesso ci siamo messi in testa di inventare una sorta di Workshop – li chiamano così. Un tempo in cui, con altri, si fanno cose che consentano di capire meglio come orientarsi, dove siamo, cosa vogliamo, come fare per uscire dal sonno e incominciare a muoversi da desti. O quasi.
Stiamo lavorando in maniera creativa. Prima ci purghiamo di tutto quello che sappiamo e che si deve sapere. Buttandolo là. Poi, quando ci sentiamo abbastanza vergini e innocenti, tiriamo fuori le domande che farebbero i bambini. E cerchiamo le risposte nei pensieri che arrivano per caso. Però, questi neonati, li guardiamo bene. Li trattiamo con cura. E vengono a galla nuove prospettive. Ne sentiamo il gusto. È il gusto del nuovo. Lo conosci?
La cosa più interessante sui talenti nasce da certe domande che vengono dopo. Dopo la domanda sul talento: come si fa a valorizzare quello che hai? Quello che costituisce l’insieme delle tue risorse? Dopo questa domanda ne nasce un’altra: voglio valorizzare quello che ho, ma in vista di cosa? E allora la questione del talento cambia forma. Diventa la questione di quello che vuoi fare. Qualcuno dice: quello che ho da fare in questa vita.
Allora la domanda è quella della vocazione. La chiamavano così un tempo. Non c’è da irrigidirsi sulle parole. Ognuno sa che cosa significa.
Che cosa voglio fare di questa mia vita? Chi me lo dice? Chi lo decide?
Certamente il Workshop – si chiami come si chiami –
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