Categoria : Eugenio Guarini
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La vera battaglia è all’inizio.
Ora, tutto sembra un miracolo. Le iniziative fioriscono, gli amici arrivano e anche le risorse, al momento opportuno. Ora ci si deve dare da fare per inseguire con freschezza d’animo tutte le meraviglie che popolano i giorni.
Ma all’inizio…
La battaglia vera era stata all’inizio.
Il primo “da qui a lì” era il più impegnativo. Si trattava di un cambiamento radicale. Quello che nelle religioni chiamano “conversione”.
All’inizio “da qui a lì” significava: dall’interno all’esterno. Vale a dire, invertire la rotta. Quando sei in parcheggio sembra che tutto dipenda da quel che succede fuori. Che la tua vita interiore sia una sorta di appendice di quello che avviene là fuori. Ma questa è una forma di schiavitù.
Si trattava di liberare l’operosità energica di cui ero capace dalle paure e dagli schemi che l’imprigionavano. I sogni che mi abitavano si manifestavano, ma non erano sognati bene e dovevo imparare a farlo.
I nemici erano dentro, vale a dire, erano una parte di me: credere che i dati di fatto avessero più ragione dei desideri e trasformassero, alla luce della ragione, i sogni in velleità illusorie. Credere che la fortuna dipendesse dal denaro, dai fatti esterni, da come si appariva. Credere che gli umori tristi e melanconici fossero un destino a cui eri condannato da qualche colpa del passato, tua o di altri.
Era questo il programma limitante. Tutto, dunque, doveva ripartire da dentro.
Il mio campo interiore era soffocato dalle erbacce. Lo coltivavo con debolezza, trascuratezza. In fondo, non credevo. Mi lasciavo dominare dalle variazioni della meteorologia interiore. Aspettavo di vincere al Superenalotto per incominciare a vivere davvero. Pensavo di avere troppo pochi soldi per intraprendere. Che ero troppo vecchio, e troppo inesperto del mondo, e che non avevo santi in Paradiso…E, non ultima cosa, poiché la ragazza che avevo amato mi aveva lasciato, pensavo che niente valesse la pena.
Scommetto che questi pensieri sono stati anche i tuoi. Ma, ascolta, si può cambiare…
Toccato il fondo, cominciai a formulare ipotesi paradossali. Invece di credere che ero di umore pessimo perché le cose andavano male, cominciai a immaginare che le cose andavano in quel modo perché coltivavo gli umori da vittima. Mi assunsi la responsabilità della povertà che mi circondava. E nello stesso tempo seppi che se fossi riuscito a coltivare dentro di me pensieri di fiducia, tutto là fuori si sarebbe messo in moto.
Immaginavo che ci fosse un lavoro particolare da fare per questo. Un lavoro diverso dal lavoro con cui si traffica con le cose. Un lavoro sull’anima. Probabilmente un lavoro dell’anima. Non un lavoro fatto di puri pensieri. No. Bisognava che fosse un fare. Ma un fare diverso. E volevo imparare. L’obiettivo era trovare la fiducia. E trovarla per fonti endogene. Non volevo più abbandonare la fiducia nella vita agli eventi esterni, a quello che facevano gli altri e a quello che succedeva a mia insaputa…
Intanto, incominciai a vedere che non ero proprio una merda di cane. Incominciai a considerare le cose in modo diverso. Tutto ciò che ero e che avevo era qualcosa. Ero vivo, intanto. E avevo dei sogni. E tante altre cose. E mi diedi il permesso di provare gratitudine.
Mi venne l’idea che potevo vivere benissimo pensando di essere già nell’abbondanza. Abbondanza di aria, di nutrimento, di energia, di contatti, di sapere, di saper fare…
Incominciai a credere che i miei sogni erano una verità e una profezia. Credendoci si sarebbero realizzati. Credendoci, prendendoli come già realizzati, avrei espresso atteggiamenti e comportamenti più adeguati.
I dolori del cuore non
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