Categoria : Eugenio Guarini
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Prendere una decisione
Parlo di quelle decisioni che decidono del senso della vita.
Con le parole sembra tutto chiaro. Perfino piatto. L’uomo – o la donna – di volontà, che mi avevano dipinto i miei maestri, si fermava, considerava, decideva: mi sposerò, avrò una famiglia, diventerò medico, sarò un chirurgo bravissimo… O altre cose. E poi, lo faceva.
Aveva visto chiaro, sapeva di possedere determinazione, si sarebbe concentrato sui suoi obiettivi, senza dubbi, senza guardare a destra o sinistra, e ce l’avrebbe fatta. O sarebbe fallito tragicamente, ma lasciando una scia di coerenza dietro di sé.
Anche le conversioni – religiose o di altro genere – erano descritte come eventi drammatici, intensi, di breve durata, dove una decisione di cambiamento veniva a maturazione e diventava, d’ora in avanti una strada segnata.
Oggi le conversioni – a mio parere – sono molto attuali.
La gente sente che deve cambiare. Molti sentono l’urgenza di un cambiamento. C’è un’inquietudine serpeggiante nel nostro mondo di benessere e opulenza. Come se il male più diffuso fosse una sorta di vita senza senso. In cui si è portati dalle cose, dalle mode, dalla pubblicità, dalle opinioni più diffuse. Si mangia tanto, si possiedono molte cose, si va in vacanze che solo i re di un tempo si potevano permettere, ma…
Come se l’io si fosse smarrito. O avesse smarrito quella consistenza che consente di riconoscersi senza esitazione. E la conversione consisterebbe, in prima istanza, nel diventare un io per davvero. Nel diventare, come dicono alcuni guru, padroni del proprio destino.
Curiosamente molta psicologia, e dottrine orientali, sostengono – al contempo – che noialtri pecchiamo, caso mai, per un eccesso di io. Come se fosse l’io, la sua volontà di controllo, la sua volontà di spiegazione razionale, di ricerca delle cause, a produrre tanti guasti – infelicità, tormenti, depressione… E curioso che si ritenga l’Io responsabile di tanti guasti, proprio quando l’io è così debole!
Ma le dottrine sono dottrine, le mode anche, la chiacchiera su queste cose è come un supermercato: ci si può trovare di tutto.
Io guardo alla mia esperienza. E vi vedo alcune cose a cui prima non avevo fatto caso.
Quando si è operata quella sorta di conversione che mi ha portato alla vita d’artista (si fa per dire) ho intuito l’importanza dell’intenzione. Del lavoro dell’anima perché fosse chiaro lo scenario immaginato in cui potevo vedermi felice. Dall’interno all’esterno – dicevo.
Ho intuito che questa intenzione, per essere forte, tenace, doveva poggiarsi su una fede folle. Una fede in sintonia col desiderio e capace di ignorare i buoni consigli del realismo. Come se fosse dotata di una sua verità indipendente.
Questa stessa fede era una decisione, per quel che mi è dato sapere.
Ma era anche una decisione che non veniva presa una volta per tutte.
Tutte le mattina, da allora, io ricerco la centratura con quella decisione.
Ogni mattina devo lavarmi via di dosso incrostazioni, o attrattive, che me ne distolgono. Non foss’altro che la pura pigrizia.
Tutte le mattine le prime ore della giornata sono dedicate a questo.
Dunque, una decisione ha il momento in cui nasce – che può essere drammatico – ma non finisce lì. Una decisione coincide con una storia, una sorta di avventura interiore. Una storia che ha il suo ritmo, la sua ripetizione, la sua ricreazione. E anche la sua crescita. Una decisione coincide con la storia che la realizza, dall’inizio alla fine.
Ma, detto in questi termini, sembrerebbe che la decisione sia indipendente dal mondo, dalle cose che capitano, dagli eventi del tempo.
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